SCRIVERE IL SOCIALE: CHI E PERCHE'?

17.03.2013 15:02

Pubblicato su La Rivista di Servizio Sociale - Marzo 2013

Il sociale riguarda tutti noi. Noi siamo il sociale.

Chi meglio dell’esperto del sociale può raccontare il sociale?

 

Non il medico, non lo psicologo, non il filosofo. Il sociologo forse.

L’assistente sociale sì.

 

Il sociale è complesso, vasto ed eterogeneo. Quindi per poter raccontare del sociale occorre una figura che ne conosce le varie dimensioni in tutte le sue sfaccettature. Quando si ha un problema ci si rivolge all’assistente sociale; almeno così ci consiglia chi non ha altri consigli da darci. Ma sappiamo davvero chi è l’assistente sociale e qual è l’aiuto che può offrirci?

Problemi economici? C’è l’assistente sociale! Mi serve una badante? C’è l’assistente sociale! Voglio mettere la nonna in casa di riposo? C’è l’assistente sociale! Mi hanno portato via mio figlio? E’ colpa dell’assistente sociale! Tanti luoghi comuni, con connotazioni positive o negative; peraltro in alcuni casi anche rispecchianti il vero. Il punto cruciale è che esiste una percezione di questa figura che, in qualche modo, può condizionare ed entrare nella vita delle persone.

Per chi non lo sapesse, l’assistente sociale è una figura professionale che opera negli ambiti tematici più svariati e contribuisce alla modificazione delle situazioni problematiche della gente. Ovviamente non lo fa per aspirazioni puramente umanitarie o per la semplice gloria, bensì perché fa parte di un’organizzazione (spesso pubblica) che eroga un determinato tipo di servizi. Ed è a questi enti che gli assistenti sociali devono rispondere del loro lavoro, non agiscono in base ad iniziative personali. Questo viene specificato in quanto chi scrive ha a cuore la reputazione della professione che, agli occhi dei più, risulta alquanto negativa.

Sarebbe interessante discutere le motivazioni che hanno portato alla formazione di tanti pregiudizi legati alla professione, ma in questa sede è utile approfondire un aspetto in particolare: gli assistenti sociali non raccontano il loro lavoro, lo fanno altri per loro...e spesso senza averne le competenze. Lungi dalle intenzioni di questo articolo puntare il dito contro chi ha scritto, finora, in merito. Piuttosto si vuole ragionare, prendendo spunto proprio da uno dei principi base del lavoro dell’assistente sociale, su come poter affrontare il problema allargandone la prospettiva d’osservazione. Non prendiamocela con chi scrive del servizio sociale senza saperne niente; prendiamocela con chi ne sa molto e non scrive! Traiamo spunto da quanto sappiamo che c’è di importante sulla professione e parliamone: sulle riviste, alla radio, sul web.

Il fatto che dell’assistente sociale se ne parla spesso male, può essere letto dall’esperto come voglia, da parte dell’utente, di saperne di più. Le persone parlano male di noi assistenti sociali? Forse stanno solo esprimendo un bisogno ed è nostro compito leggerlo e comprenderlo. Proviamo a raccontare loro quanto lavoro c’è dietro ogni nostro intervento, quante difficoltà sono insite in una visita domiciliare. Certo, non possiamo dirlo a ogni singola persona che conosciamo, quindi perché non usare i potenti mezzi di comunicazione di massa? Sono a disposizione di tutti, sono facilmente consultabili e pubblicizzabili.

Le competenze ci sono, i canali anche. L’assistente sociale, forte della sua formazione e della sua multidisciplinarietà, ha le carte in regola per diventare anche giornalista. Ha a che fare quotidianamente con le persone, con le istituzioni, con il privato sociale, con gli enti di ricerca; conosce il territorio e le sue risorse, ha capacità connettive e conoscenze pluridimensionali. E’, insomma, l’esperto del sociale.

E in fondo il ruolo degli esperti (in ogni settore) non è proprio quello di rendere più abbordabile al pubblico la loro materia?

 

Alessia Ferk